LA LOGOPEDIA


Tra bambini e anziani, sarebbero oltre 5 milioni gli italiani che necessiterebbero di cure logopediche. Niente farmaci, solo voce, mani, gesti del professionista per intervenire su problemi di linguaggio e deglutizione, nella riabilitazione della parola a causa dell'età, ma anche di eventi come l'ictus, o come conseguenza di incidenti.

I disturbi del linguaggio (dalla balbuzie all'assenza di parola) colpiscono il 3% della popolazione italiana ed europea, con punte del 7% nei bambini dai 2 ai 6 anni, che l'aumento delle malattie neurodegenerative causato dall'allungarsi della vita media, comporta problemi di linguaggio per gli anziani, ma anche disfagia, e altre patologie correlate che richiedono l'intervento logopedico, così come la riabilitazione dopo ictus o incidenti stradali.

Il percorso per l'approvazione degli ordini professionali, nonostante 20 anni di parole, di fatica, di lavoro, di studio, non si è ancora concluso. Insomma, la nostra professione non si può fermare mai. Necessita di migliorare la formazione con percorsi specialistici già presenti in Europa e nel mondo.


Il gioco diventa una medicina per i bambini, nella nostra professione. Le imitazioni, il “far finta”, la “tombola sonora”, le rime, vengono utilizzate per curare i ritardi e i disturbi del linguaggio (dislessia, disgrafia, specifici come dell'articolazione, dell'eloquio, del linguaggio espressivo e altri), problemi che colpiscono, insieme, circa il 10% dei bambini in età prescolare, e intorno al 5-6% dei bambini in età scolare.


Parliamo di grandi numeri, in valore assoluto intorno ai 574mila bambini, che però esclude il sommerso e l'incognita dei piccoli figli di stranieri.


Quale approccio scegliere di fronte ad un bambino o ad un adulto che presentano un disturbo di linguaggio? Ovviamente tenendo conto della variabilità delle diverse situazioni cliniche in cui un logopedista si trova a definire bisogni e interventi terapeutici che possono riguardare fenomeni transitori o veri e propri disturbi che rimarranno nel tempo cambiando espressività.


Occorre sempre tenere conto delle diverse situazioni cliniche in cui un logopedista si trova a definire bisogni e interventi terapeutici in campo pediatrico anche perché possono riguardare fenomeni transitori o veri e propri disturbi destinati a rimanere nel tempo. Queste considerazioni hanno generato negli ultimi anni approcci clinici diversificati e linee guida precise.


Al centro di tutto, però c'è l'efficacia di un intervento precoce, per promuovere progressi linguistici a breve termine e per ridurre gli effetti cumulativi del ritardo di linguaggio, che può influire, e molto, sullo sviluppo emotivo e sul comportamento del bambino. Ed è qui, anche data l'età del piccoli pazienti, che il gioco ha un ruolo fondamentale. Così come è fondamentale che le attività siano ripetute anche nel contesto familiare, usando parole semplici ma di forte impatto comunicativo inserite in contesti di gioco che il bambino predilige e ne risulta attratto.

Legato a questo subentra il problema di genitori provenienti da paesi lontani, che parlano poco e male l'italiano e con i quali diventa molto complesso interagire e soprattutto capire se il bambino ha questo tipo di problemi.

Di fronte a disturbi specifici di linguaggio (dell'articolazione, dell'eloquio, del linguaggio espressivo e altri) Il logopedista sceglie dunque le strategie, il contesto, gli strumenti (giochi vari o giochi di ruolo, lettura di un libro ecc.) e i materiali per produrre situazioni dove le parole conducono e vengono stimolate alla loro riproduzione in maniera indiretta. Le strategie possono essere di diverso tipo: centrate sul bambino, che promuovono l'emergere del discorso, o che modellano il linguaggio.


di Tiziana Rossetto presidente FLI


Fonte: http://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/medicina-e-ricerca/2015-05-07/logopedia-tanto-gioco-e-zero-farmaci-allarme-sommerso-i-bimbi-stranieri-130521.php?uuid=ABp1B1bD